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I NOMADI DELL'INFINITO

Idea: 2/5 Trama: 2/5 Stile: 3/5

Titolo Originale: STARWAYS oppure THE PEREGRINE
Autore: Poul Anderson
Anno: 1956
Genere: Xeno SF
Edizione: Mondadori – Urania Classici n.63

 

Commento:
Non uno dei migliori libri di Anderson. Il romanzo non presenta nessun spunto particolarmente innovativo (elementi di space opera spaziale, incontro/scontro con una società “aliena”) e la trama soffre nel finale, a mio parere, di una conclusione un po’ forzata che impedisce l’approfondimento di alcune tematiche che avrebbero potuto dare maggior rilevanza all’opera (il confronto tra l’umanità come noi la conosciamo e gli Alori, un nuovo tipo basato su concezioni di vita e società completamente diversi e il rapporto amoroso che lega un uomo e una donna Alori).

Trama (attenzione spoiler!):
Su un piccolo pianeta, Rendezvous, si trova il quartiere generale dei nomadi dello spazio: bucanieri della galassia che trascorrono la maggior parte della propria vita su astronavi, i cui equipaggi costituiscono clan, nazioni a se stanti. Il comandante della nave Pellegrino, Joachim, denuncia le inspiegabili sparizioni di numerose astronavi in una zona ancora non esplorata del cosmo ad opera, secondo lui, di una misteriosa civiltà nemica. Aiutato nella sua indagine da un agente dell’Unione Stellare, Trevelyan, e da Ilaloa, novella sposa di un nomade, appartenente agli abitanti indigeni di Rendezvous e dotata di poteri telepatici, Joachim scopre l’esistenza di una razza aliena, dall’aspetto umano, gli Alori. Gli Alori vivono in simbiosi con i pianeti e gli ecosistemi in cui abitano, rinunciando all’identità individuale ma cancellando così ogni traccia di conflitto fra individuo e individuo e tra specie e specie. Ilaloa stessa appartiene agli Alori, che hanno colonizzato già una cinquantina di pianeti per prepararsi allo scontro con l’Unione. Ella però tradisce il suo popolo, forse “corrotta” dalla vita nomade che ha sperimentato, per l’amore che nutre verso il suo sposo nomade e permette alla Pellegrino e al suo equipaggio di fuggire e avvisare l’Unione del grande pericolo che corre; a fuga ormai sicura però si suicida gettandosi dalla nave.